Il nuovo ritrovato della tecnologia wearable, che sta riscuotendo sempre più successo, è lo smartwatch.
Ma cos’è, e a cosa serve esattamente uno smartwatch?
In linea di massima, questo gadget si può definire come “estensione dell’user experience di un possessore di smartphone” (che, d’altronde, è il concetto alla base di ogni tecnologia wearable).
Esistono svariati modelli di smartwatch, che a seconda delle specifiche possono possedere moduli GPS, accelerometri, rilevatori di battito cardiaco, moduli Bluetooth e microfoni.
Il fortunato possessore di questo aggeggino potrà quindi scorrere i messaggi di Whatsapp, programmare eventi, leggere le mail, controllare il riproduttore di file audio o comandare il proprio smartphone con la voce. “Ok Google, invadi la mia privacy!”.
E, per i fanatici dello sport, la maggior parte degli smartwatch permette di tenere sotto controllo le proprie sessioni di allenamento, con calcolo del percorso, del battito cardiaco e di tutte le amenità a cui un vero pro non può assolutamente rinunciare. Inoltre, alcuni modelli sono in grado di bypassare la connessione con lo smartphone: essendo provvisti di uno slot per SIM, possono effettuare chiamate senza doversi portare dietro anche il telefono.
Per quanto la reale utilità di uno smartwatch sia ad insindacabile giudizio personale (“ma a che mi serve un cellulare connesso ad Internet con il touch screen? Ho un portatile e un 3310! Non comprerò mai un iPhone o uno smartphone Android”), sembra che questo ultimo ritrovato ipertecnologico stia riscuotendo un discreto successo: a parte le reazioni a catena del tipo “l’ha fatto uno, quindi facciamolo tutti”, il mercato si sta riempiendo di prodotti che cercano di integrare le funzionalità di uno smartwatch con il design e l’eleganza che un cliente medio si aspetta da un orologio. Dal poco orologesco Apple Watch allo sportivo Galaxy Gear , passando per il classicissimo Huawei Watch, i colossi di elettronica e telefonia non sono stati con le mani in mano, inseguendosi a caccia di un segmento di mercato che sembra promettere tanti bei proventi.
Tuttavia, anche alcuni fashion brand hanno deciso di tuffarsi nelle insidiose acque della tecnologia wearable: la Fossil, ad esempio, ha commercializzato il suo Q Watch personalizzabile all’estremo, così come Guess ha realizzato il Connect (un po’ più ibrido, ma il concetto è quello). Volendo andare verso prodotti più elitari, Louis Vuitton ha rilasciato il Tag Heuer Connected, ed è solo la punta dell’iceberg.
Piccola curiosità: per chi pensa che moda e mobile siano due mondi frenetici e in continuo mutamento, vi segnalo che il primo smartwatch è targato LG: il Watch Phone, che comprendeva praticamente tutte le caratteristiche dei moderni gadget, esiste dal tardo 2009, quando probabilmente il 50% dell’Italia non aveva idea di cosa fosse uno smartphone.
Insomma, se volete sentirvi James Bond ed uccidere gente con il vostro orologio dovrete aspettare qualche anno (e un paio di arresti, probabilmente); tuttavia, se il vostro desiderio è tenere lontano il più possibile il vostro smartphone, ma utilizzarne alcune funzionalità ed essere fashion, allora regalatevi la gioia di andare in crisi per scegliere uno smartwatch.
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