Devo ammetterlo. La prima collezione di Alessandro Michele, il nuovo direttore creativo di Gucci, mi ha lasciata di stucco: non sapevo come prenderla, come destrutturarla e comprenderla. Perché il lavoro di un fashion communicator sta prima nello scomporre una sfilata, prenderne ogni singolo pezzo e poi ricostruirla dandone un senso logico.
Ma non sapevo da quale accessorio o abito iniziare. Era una moltitudine di note stonate. Tutto sembrava che stonasse. Ho dovuto guardarla più volte per capirla, ma nello stesso istante in cui capivo un piccolo passaggio mi innamoravo. E alla fine mi ha conquistata.
Il suo stile è stato definito romanticismo vintage, ma è molto di più: è ricerca, sperimentazione e cura per il dettaglio. Ma è proprio l’allure vintage che ci conquista e ci fa sognare. È astrazione dal tempo, in un passato che non si sa coniugare, ma in cui si spera di poter vivere almeno per un secondo.
Così la collezione FW 2015 è il mix dei tessuti, le trasparenze della seta e del tulle, i baschi rossi da pittore, i mocassini, la giusta misura del plissé, i fiocchi morbidi che sembrano fiori che dolcemente si stanno piegando e la tavolozza dei colori così inopportuna da passare dal verde militare al rosa, dal rosso alla trasparenza.
Mentre la collezione SS 2016 è un esplosione di colori, fiori, fiocchi maxi, paillettes, pavoni, gonne gipsy, tailleur, lurex e trompe l’oeil che ti portano alla deriva su dolci onde.
Un disordine che rende il look armonico, dal gusto retrò e totalmente attuale.
Alessandro Michele con poche collezioni ci ha trasportato in un sogno, dove tutto appare confuso, ma che poi al risveglio si chiarisce e diventa legge, unica e universale.
Martina D’Amassa