Ama parlare attraverso le sue fotografie. È timida la giovane fotografa Annalisa Gaeta, classe 1987.
La conobbi prima di incontrarla, guardando le sue foto. Perché dalle fotografie non si comprende solo l’anima del soggetto, ma si intravede anche l’essenza di chi scatta da dietro l’obiettivo. Del resto è una questione di scelte. E lei sceglie sempre il bianco e il nero perché desidera esprimere quell’allure malinconica che caratterizza ogni sua immagine.
La sua passione è nata quando era ancora una bambina, quando amava raccogliere nel diario le opere di grandi fotografi. Poi con il passare del tempo si è resa conto di avere la possibilità di creare qualcosa di suo, che nascesse dalle sue mani e dai suoi occhi. Definisce la fotografia prima come emozione e poi come passione: <<Mi piace trasmettere qualcosa, la foto semplice e banale la può fare chiunque, quindi cerco sempre di esprimere qualche sentimento attraverso l’immagine. Credo sia una forma di comunicazione>>.
Apprezza Henri Cartier-Bresson e desidererebbe creare mondi onirici come Tim Walker, ma non sa che nell’introspezione delle sue fotografie si scorge la nostalgia narrativa di Sarah Moon, la solitudine della donna di Deborah Turbeville e la forza mascolina dell’universo femminile di Helmut Newton.
Sa raccontare delle storie e riesce a graffiare la superficie mirando dritto al cuore e alla mente.
In bocca al lupo, cara Ann.
Martina