Lei, Barbie, è l’icona senza tempo. Sembra che esista da sempre, eppure è nata negli anni Sessanta, precisamente il 9 marzo 1959. Ideata dai coniugi Handler e commercializzata da Mattel, Barbara Millicent Roberts (Barbie) è divenuta la bambola più venduta al mondo. Bellissima, con il trucco impeccabile e dai look più alla moda, Barbie ha rappresentato 50 nazionalità diverse, divenendo un fenomeno socio-culturale.
La sua raffinatezza la porta ad essere scelta da numerosi creativi, in primis da Andy Warhol che la celebra nella sua opera del 1986 e successivamente da Moschino, Valentino, Armani, Dior e tanti altri.
Sebbene possa sembrare solo un giocattolo dalle sembianze umane, Barbie è entrata nella cultura di ogni popolo come un sogno che si materializza, proponendo un modello di donna non solo interessato all’estetica, ma anche alla vita quotidiana, interpretando, infatti i più svariati lavori: può essere una dottoressa, una casalinga, un’attrice, una veterinaria, una cuoca, un’assistente di volo e anche una sorella amorevole.
Ma se da un lato se ne celebrano le qualità che l’hanno resa desiderabile anche dagli adulti, dall’altro, la barbie non è stata immune da critiche che l’hanno marchiata negativamente come un oggetto di culto senza anima. “I’m a barbie girl, in a barbie world. Life in plastic, it’s fantastic” cantavano gli Aqua nel 1997, etichettando per sempre la bambola come esempio di ragazza bella ma stupida.
Se quindi Barbie incarna lo specchio della società, è inevitabile che si creino diverse visioni, ma va riconosciuto che sia stata testimone di sessanta anni di cambiamenti, sia storici che nel mondo della moda. Per questo Milano la festeggia con una mostra dedicata a lei al Mudec fino al 13 marzo 2016: Barbie, The Icon.
Non resta che andare a visitare la mostra e lasciarci affascinare da un giocattolo, che forse potrebbe portarci in dietro con gli anni e farci desiderare di tornare bambini almeno per un po’.
Martina D’Amassa